La storia

Notizie storiche

La storia di Anguillara Sabazia e del suo comprensorio è strettamente legata a quella delle antiche popolazioni che hanno frequentato questo territorio. La zona infatti, possiede rilevanti testimonianze, già a partire dall’epoca neolitica, come testimoniato dal ritrovamento in località La Marmotta di numerosi reperti e manufatti datati al 5500 a.C. appartenenti ad un villaggio neolitico di sponda, il più antico dell’Europa occidentale.

Le notevoli tracce di epoca romana sono ben visibili in tre zone del territorio di Anguillara ed appartenenti al complesso dell’Acqua Claudia, alle Mura di S. Stefano e alla via Clodia. Il complesso dell’Acqua Claudia è formato da un grandioso emiciclo ad arco di cerchio avente una corda di 87 metri circa, di cui è visibile soltanto la metà sinistra, arricchito da una serie di nicchie semicircolari e collegate tra loro da semicolonne. La parte retrostante dell’esedra presenta un corridoio originariamente coperto da un piano calpestabile in legno, il quale prendeva luce dalla serie di finestre che si aprivano sull’esedra. Le estremità del corridoio erano chiuse da due ninfei, costruiti per creare giochi d’acqua, a sua volta alimentati dall’acqua contenuta in cisterne poste a monte del complesso.
Tutta la costruzione, tranne la cisterna circolare, è rivestita in opus quasi reticolatum in selce, formato da blocchetti quadrangolari irregolari a forma di cuneo, e per questo databile alla metà del I sec. a.C.

Il complesso romano denominato Mura di S. Stefano è uno dei monumenti meglio conservati di tutto il comprensorio sabatino, la cui datazione più probabile è quella della seconda metà del II sec. d.C. Costruito in opera cementizia rivestita da una cortina di laterizi gialli e rossi, era in origine arricchita dal rivestimento di migliaia di frammenti marmorei policromi, facendogli assumere un aspetto maestoso. L’area è composta da una struttura principale, da una cisterna a pianta quadrangolare e dai resti di un abside, originariamente appartenente ad una chiesa costruita intorno all’IX sec. d.C. e rimasta in uso almeno fino all’XI. Il suo abbandono risale probabilmente ai primi anni del XII sec. Il complesso venne definitivamente abbandonato e lo rimase fino alla metà del XIX secolo, quando le epidemie di colera del 1856 e del 1867, costrinsero gli abitanti del paese ad adibire l’area all’interno della struttura principale come cimitero.

L’antico tracciato della via Clodia venne realizzato tra la fine del III e l’inizio del II sec. a.C., allo scopo di mettere in comunicazione Roma con l’Etruria nord-occidentale, in relazione alla conquista romana del territorio nel 280 a.C. e costruita probabilmente sopra un antico tracciato etrusco. Il tratto che attraversa il comprensorio del Comune di Anguillara è ancora ottimamente conservato, misurando 4,5 m di larghezza e mantenendo in alcuni tratti le banchine laterali delimitanti il manto stradale. Provenendo da nord, la strada è stata individuata in località Riserva di Valle Facciano, fino a giungere in località Cancelli dove è ancora visibile un tratto lungo 250 metri circa.

L’antico Centro Storico di Anguillara nacque sulle strutture di antiche abitazioni di epoca romana, sorte sul promontorio dove attualmente si estende il paese. I primi documenti d’archivio che ne attestano la nascita sono datati all’XI secolo. In un documento conservato presso l’archivio di S. Maria in Trastevere infatti, che riporta la data del 2 luglio 1020, viene rivelata l’esistenza già a quel tempo del castrum Angularia, riportando anche nomi di alcuni abitanti affittuari della pesca nel lago.
Il territorio, intorno all’anno mille, doveva essere pressoché disabitato, di appartenenza a S. Pietro e gestito dalla Camera Apostolica. Quest’ultima era un organismo amministrativo e finanziario che si occupava dei beni economici della Chiesa ed assegnava inoltre le terre a famiglie che ne potevano rappresentare gli interessi e riscuotevano i tributi.
L’origine della famiglia degli Anguillara, avvenuta intorno al 950 con Raimone, è avvolta nel mistero. Si narra infatti che intorno al X sec. esisteva un drago che popolava la zona di Malagrotta che terrorizzava i suoi abitanti. Raimone riuscì a sconfiggerlo in riva al lago, nel territorio che successivamente sarebbe rientrato nei possedimenti di Anguillara e il papa, grato per questo servigio, gli donò il territorio. In realtà è ipotizzabile che il drago-serpente fosse semplicemente una banda di predoni che terrorizzavano gli abitanti locali, fino al giorno in cui non venne sconfitta da forze guerriere. Non a caso infatti, lo stemma della famiglia degli Anguillara rappresenta due serpenti incrociati.
Gli edifici ed i monumenti di un certo pregio di carattere civile e religioso presenti nel Centro Storico e nelle aree vicine risalgono perlopiù al periodo tardo-medievale e rinascimentale. Gli unici edifici certamente più antichi sono le chiese di S. Salvatore e S. Andrea, ormai inghiottite dal Centro Storico e adibite a case private. Le uniche due chiese ancora attive nel Centro Storico sono le chiese di S. Biagio, inaugurata nel 1756 e la chiesa di S. Maria Assunta, le cui prime notizie risalgono ai primi decenni del ‘500, come attestano le relazioni delle Visite Pastorali compiute a scadenza periodica dal Vescovo della Diocesi di Sutri e Nepi.

L’edificio venne radicalmente restaurato nel 1700, a causa dello stato di precarietà degli affreschi e delle strutture portanti. Inoltre il paese doveva anche far fronte alle maggiori esigenze da parte delle allora illustri famiglie anguillarine, che pretendevano una propria cappella privata all’interno della chiesa e delle Confraternite laiche, bisognose di ambienti più spaziosi per le loro riunioni. I lavori iniziarono nel 1765 e durarono per circa trent’anni a causa di costanti problemi finanziari e buracratici che misero più volte in dubbio il completamento dei lavori.
La nuova chiesa manteneva sostanzialmente gli elementi principali di quella del cinquecento, come l’impostazione e l’orientamento, ma ne differiva per la creazione di due navate laterali.

L’altro importante edificio è il Palazzo Orsini, oggi sede comunale, inserito in un complesso fortificato, formato da un torrione di pianta circolare, bastioni angolari collegati da un muro di cinta e da un bastione circolare. Il palazzo presenta un impianto planimetrico piuttosto irregolare, chiaro sintomo di una progettazione architettonica non unitaria. Esso è formato da una serie di corpi di fabbrica di differenti altezze, riferibili a varie fasi costruttive, che si sono stanziate su altri edifici preesistenti.
L’importanza dell’edificio deriva dalla presenza di una serie di affreschi situati nella stanza della loggia, in una sala attigua e nella sala maggiore, quest’ultima caratterizzata dalla presenza di tre vedute cittadine. L’intero ciclo di affreschi può essere datato tra il 1535 e il 1539 e realizzato dalla scuola di Raffaello.

Fuori le mura del paese, oltre alle chiese della Madonna delle Grazie e della Trinità, quest’ultima recentemente restaurata, esiste il complesso di S. Francesco, formato da una chiesa e da un convento francescano abbattuto negli anni ’50, per far posto ad un’ala (poi mai costruita) della vicina scuola.

L’impostazione della chiesa è a navata unica, con un presbiterio a pianta quadrata con volta a crociera, impostazione tipica della chiese francescane a partire dal XIII sec. Una serie di affreschi ne adornano le pareti e il presbiterio, queste ultime realizzate dal pittore Domenico Velandi, seguace di Lorenzo da Viterbo, in cui sono rappresentate le immagini della Madonna al centro tra i SS. Apollonia, Lorenzo, Giovanni Battista, Francesco, Leonardo e Silvestro papa. Nel registro superiore vi è rappresentata la Crocifissione, oggi sparita a causa della sciagurata distruzione dovuta all’apertura della finestra in tempi moderni. La scena era rappresentata tra S. Giovanni, la Vergine e i SS. Bernardino e Antonio da Padova.
Il convento si incentrava su un cortile con al centro un pozzo e un portico ad archi e pilastri in muratura. Le volte del chiostro erano originariamente affrescate con vari episodi della vita di San Francesco, oggi completamente scomparsi.

Storia di Anguillara dal tardo impero ai giorni nostri

Alla fine dell’età imperiale e con l’arrivo dei barbari, le imponenti ville romane e gli insediamenti agricoli del comprensorio furono rapidamente abbandonati a vantaggio di costruzioni su alture e promontori, ove era possibile difendersi creando insediamenti più sicuri e fornirli di barricate e muri di difesa. I complessi saccheggiati dai barbari hanno spesso lasciato segni tangibili del loro passaggio, la cui lettura è spesso possibile attraverso gli spessi strati archeologici carbonizzati, chiaro segno di distruzione e saccheggio. Le zone riutilizzate nell’alto medioevo sono pochissime a parte il promontorio su cui sorge l’attuale centro storico. Ricordiamo infatti la chiesa di S. Stefano, sorta probabilmente nel IX sec. accanto a quella che doveva essere una delle più imponenti ville romane del comprensorio, da cui in seguito avrebbe ereditato il toponimo.
Questa risulta essere una testimonianza estremamente preziosa soprattutto alla luce del fatto che il territorio, intorno all’anno mille, doveva essere pressochè disabitato di appartenenza di S. Pietro e gestito dalla Camera Apostolica. Quest’ultima era un organismo amministrativo e finanziario che si occupava dei beni economici della Chiesa ed assegnava inoltre, terre a famiglie che ne potevano rappresentare gli interessi e riscuotevano i tributi.
L’origine della famiglia degli Anguillara, avvenuta intorno al 950 con Raimone, è avvolta nel mistero. Si narra infatti che intorno al X sec. esisteva un drago che popolava la zona di Malagrotta e terrorizzava i suoi abitanti. Raimone riuscì a sconfiggerlo in riva a l lago, nel territorio che successivamente sarebbe rientrato nei possedimenti di Anguillara e il papa, grato per questo servigio, gli donò il territorio. In realtà è ipotizzabile che i fatti non si siano proprio svolti così come ci tramanda la leggenda anche se come tutte le leggende un fondo di verità potrebbe anche averlo. Secondo studi, il drago-serpente potrebbe esser stato accostato ad una banda di predoni che terrorizzavano gli abitanti locali, fino a quando non vennero sconfitti da forze guerriere. Non a caso infatti, lo stemma della famiglia degli Anguillara rappresenta due serpenti incrociati (procurare immagine di stemma).
I successori di Raimone e Bellizone, non sono ricordati per particolari iniziative, al contrario di Guido insediatosi nel 1019 e che ci fece giungere sue notizie attraverso un documento, datato all’anno seguente (Archivio di S. Maria in Trastevere), nel quale lo si nomina come figlio di Bellizone e signore di Anguillara.

Il testo dice: ……….dominum Guido illustrissimum atque inclito filio quidem Bellizo bone memorie qui appellatur de Anguillaria.

Il documento tra l’altro, è importante perché autorizza lo sfruttamento peschiero delle acquee del lago ad alcuni personaggi locali e ai loro eredi.
Alla morte di Guido le proprietà di Anguillara passarono nelle mani di suo figlio Gherardo, impegnato, intorno al 1090, a combattere contro il popolo romano e alleato con i Prefetti di Vico.
Successori di Gherardo furono Giovanni, ricordato soprattutto per essersi impadronito nel 1140 di S. Severa e e Nicolò che sei anni dopo, si impadronì di Tolfa.
Nel 1191 Anguillara salì alla ribalta della storia avendo accolto Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa e i principi dell’impero da lui radunati in occasione della sua incoronazione a Roma. La sua scelta ricadde su Anguillara probabilmente per la sua vicinanza con Roma e forse anche per premiare la famiglia degli Anguillara, che si era sempre dimostrata fedele, la cui prova ultima era stato il viaggio di Pandolfo I fino ad Orvieto per riceverlo nel 1186.
Pandolfo I lo ritroviamo schierato ancora al fianco dell’imperatore, questa volta di Federico II nel 1234, durante l’assedio di Viterbo, ma venne catturato dai papalini e rinchiuso in carcere a Ronciglione. A causa di quest’avvenimento, Anguillara cadde nelle mani di Pietro di Vico che detennero il feudo fino al 1246, anno in cui Pandolfo I se ne riappropriò.
Alla metà del XIII sec. il territorio sabatino risulta così diviso: da una parte gli Anguillara occupano il territorio omonimo a sud e monterano ad ovest, mentre i Prefetti di Vico dominavano la parte nord, con i territori di Bracciano e Trevignano. Nel 1320, a causa della trascuratezza del territorio, il giudice palatino, attribuì a Pietro de Pinea, probabilmente un collaterale della famiglia degli Anguillara, la proprietà del lago allora chiamato “Sabbatinus et Trevingianus“, anche se forse si trattava di un diritto di sfruttamento delle acquee più che ad un vero e proprio dominio.
All’inizio del XIV sec. La partenza dei papi da Roma e il loro trasferimento ad Avignone, determinando il caos totale della capitale ed un quadro di profonda incertezza nei territori provinciali, costringendo così gli Anguillara a spostare il centro del potere nella capitale e a Capranica. Le fonti ci dicono che proprio a Capranica, Orso di Anguillara, figlio di Francesco e Costanza Orsini, ospitò Petrarca nel 1336 e nel 1341 lo premiò a Roma per la sua opera chiamata “De Africa”. Con Orso si realizza l’ingresso ufficiale degli Anguillara nel panorama delle famiglie nobili romane, visto che era figlio di una Orsini e marito di una Colonna, reggendo sempre più le sorti di Roma in assenza del papa e trascurando sempre più il territorio di Anguillara.
Successori di Orso furono Pietro, Dolce ed Everso II, marito di Francesca Orsini. Quest’ultimo nel 1433 allargò i territori in suo possesso acquistando S. Severa e successivamente anche Vetralla Caprarola e S. Pupa. Nonostante le conquiste, la fama di Everso II era pessima a causa della sua tirannia e disonestà, atteggiamento che venne ereditato da uno dei suoi due figli, Francesco, proseguendo le sue battaglie con i di Vico. Questo suo atteggiamento gli costò la scomunica da parte del papa e il confino presso Castel S. Angelo, nonché privato della contea che ritornò sotto il diretto controllo della Camera Apostolica. Deiofobo, altro figlio di Everso II e fratello di Francesco, riuscì a tornare in possesso di Anguillara fino alla sua morte quando, nel 1490, venne tolta definitivamente alla famiglia degli Anguillara, facendola scomparire dalla zona.
Alla fine del XV sec. La situazione volgeva verso il peggio. Morto papa Innocenzo VIII, l’eredità passò ad Alessandro VI, passato alla storia come il papa più corrotto e che creerà parecchi problemi soprattutto al feudo di Bracciano. Anguillara, che ormai stava perdendo il suo ruolo guida nel comprensorio, venne acquistata nel 1493 da Gentil Virginio Orsini, signore di Bracciano.
Nel 1496 Bracciano venne assediata da Giovanni Borgia, figlio di Alessandro VI, mentre Anguillara, insieme a Trevignano, venne conquistata e tolta a Carlo Orsini, la quale riuscì a recuperarla per un breve periodo ma la riperdette nel 1503, al momento della confisca di Bracciano.
Comunque con la morte di Alessandro VI e l’arrivo di Giulio II, i territori tornarono sotto il controllo degli Orsini fino al 1539, quando papa Paolo III, tolse la contea di Anguillara, che comprendeva anche Monterano e Cerveteri, a Gentil Virginio II, figlio di Carlo. Gentil Virginio morì nel 1548 e il potere passò a suo zio, Francesco Orsini, il quale cedette la contea a Paolo Giordanosotto il quale, nel 1551 e per opera del cardinale Sforza suo tutore, venne emanato lo Statuto di Anguillara, in cui si prevedeva la riunificazione del territorio sotto un unico signore. Nel 1560 il feudo di Bracciano venne elevato a Ducato, comprendente anche Anguillara, per opera di papa Pio IV. Da qui in poi gli avvenimenti di Anguillara sono direttamente condizionati da Bracciano e dalla famiglia Orsini, fino al 1693, quando difficoltà economiche della famiglia, Anguillara fu venduta al marchese Francesco Grillo. Bracciano fu l’ultima a cedere, nel 1696, acquistata dalla famiglia degli Odescalchi. Anguillara cambiò nuovamente proprietari circa un secolo e mezzo dopo, acquistata dai duchi Doria Eboli D’Angri e nel 1872 venne aggiunto al suo nome originale, l’appellativo di Sabazia, per distinguerla con altre città omonime.

Testi di Paolo Lorizzo

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Ultimo aggiornamento

2 Marzo 2021, 16:20